I nuovi CRA – Marche – Piccioni: “Superare i limiti per esprimere le proprie potenzialità umane”

Riccardo Piccioni, 48 anni di Belvedere Ostrense, Professore di Storia Contemporanea presso l’Università degli Studi di Macerata, è stato nominato lo scorso 3 luglio Presidente del Comitato Regionale Arbitri delle Marche. Piccioni vanta un’esperienza di undici anni come Presidente e Organo Tecnico della Sezione di Jesi, dopo essere stato arbitro fino al livello nazionale, negli Scambi interregionali prima, e nel Campionato Nazionale Dilettanti poi.

Sei iscritto all’AIA dal 1990, cosa ti ha spinto a fare l’arbitro? Che obiettivi ti eri posto?

Ora lo so bene: la ricerca di chi siamo e di quello che vogliamo diventare. Il giovane diciassettenne che decideva d’iscriversi al Corso Arbitri era come attratto da qualcosa che non riusciva però a mettere a fuoco, ma che allo stesso tempo era irresistibile. Solo col tempo comprendi che quello che cercavi era un’occasione per metterti in gioco alla ricerca di te stesso. Come ho detto ai ragazzi nei raduni, il terreno di gioco è come uno specchio: per 90 minuti riflette esattamente quello che sei, la tua personalità, i tuoi pregi e i tuoi limiti. Dobbiamo sfruttarlo per imparare a conoscerci.

Qual è stata l’esperienza più gratificante?

Tante! Dai debutti nelle varie categorie regionali – sono grato e legato da profondo affetto ai miei due Presidenti CRA Mario Carrubba e Gilberto Sacchi – ai tanti derby di Prima Categoria nell’entroterra marchigiano, fino agli anni passati negli Organici Nazionali girando per l’Italia. Gli anni degli Scambi sono stati il periodo più ricco di soddisfazioni. Ho avuto la fortuna di avere formatori come Pietro D’Elia, che ci invitava a ricercare in noi stessi, per poi manifestarlo in campo, quel quid che differenzia ogni essere umano da tutti gli altri e che solum è il nostro!

E il momento più difficile da superare?

Due anni fa, nel giro di un anno e mezzo, ho perso i miei maestri e i miei più cari amici in Sezione: Romeo Giannoni – al quale abbiamo intitolato la Sezione di Jesi -, Giuseppe Gasparetti e Franco Pieralisi. È stato uno shock per tutti! Un senso di solitudine e di sconforto ci aveva pervaso. Ma, guardando negli occhi i tanti giovani da poco arrivati, abbiamo capito che questo stato d’animo era un lusso che non potevamo permetterci di manifestare. E allora il dolore, che ancora dura, lo abbiamo confinato nello spazio più intimo della nostra coscienza. Il loro ricordo è per noi un monito ad andare avanti, cercando di fare sempre bene.

Com’è stato appendere il fischietto al chiodo? Ti sei rimesso subito in gioco da dirigente…

È stata dura, durissima. In quel periodo contemporaneamente arbitravo, ero Presidente di Sezione, insegnavo all’Università ed ero pure Sindaco del mio piccolo paese. Ho retto alcuni anni, poi però ho dovuto fare una scelta: e ho scelto, senza pensarci troppo, la nostra Associazione, investendo totalmente il mio tempo nella dirigenza sezionale: prima “appendendo il fischietto al chiodo”, poi rinunciando a ricandidarmi come sindaco. La prima scelta è stata difficilissima, la seconda l’ho presa in un attimo, perché ho seguito la mia grande passione.

Da Presidente CRA, che emozioni dà essere formatore e guida di più di 1100 associati?

Il mio lavoro all’Università mi mette a contatto con ragazzi dai 19 ai 25 anni, la stessa fascia media d’età dei ragazzi che stanno al CRA. Educare è il mestiere difficilissimo che ho scelto e che mi rende felice. Non so se riesco a farlo bene, ma ci provo ogni giorno. Al termine del raduno di inizio campionato, per esempio – e non posso non ringraziare Katia Senesi e Matteo Trefoloni che sono stati con noi dall’inizio alla fine e che con la loro presenza ci hanno fatto sentire parte integrata di un grande progetto – di emozioni grandi ne ho provate due: la prima, rendermi conto, nei giorni passati insieme, delle enormi potenzialità umane e tecniche dei miei compagni di viaggio – i Componenti della Commissione -, la seconda, conoscere e vedere all’opera questi ragazzi, che ci hanno donato tanto, più di quello che possono immaginare. Hanno tenuto un comportamento esemplare!

Che messaggio vuoi lasciare ai ragazzi?

Che devono divertirsi seriamente. Sembra un ossimoro, e in parte lo è, ma questo è il senso profondo del nostro essere arbitri. La contraddizione è solo apparente: siamo esseri fragili e imperfetti, che vivono costantemente nelle contraddizioni di tutti i giorni. Solo cercando di superare i nostri limiti con raziocinio possiamo esprimere al meglio le nostre potenzialità umane. Ed è questo che tentano di fare i ragazzi arbitri. È il loro momento e spero sappiano coglierne tutto il meglio. Tra qualche anno, guardandosi indietro, proveranno un senso d’incolmabile nostalgia nel rivedersi giovani, in una delle tante gare arbitrate, lanciati in profondità verso l’azione, il fischietto in mano, i cartellini nel taschino, il nostro stemma al petto, il sole negli occhi e i capelli al vento… quante emozioni!

Siamo arrivati al giro di boa stagionale, un bilancio di questi primi mesi?

È ovviamente presto anche solo per abbozzare un primo bilancio… Come ripeto spesso ai miei compagni di viaggio, testa bassa e pedalare fino al 30 giugno, perché «i conti si fanno alla fine». Comunque due sensazioni si stanno sempre più consolidando: la prima, di avere al mio fianco, fra Componenti e Collaboratori, un gruppo di persone che condividono con me la loro passione e la loro serietà nel mettersi a disposizione dei ragazzi, finalizzando ogni energia alla loro crescita umana e arbitrale; la seconda, che i ragazzi stanno rispondendo bene alle nostre sollecitazioni: alcune palesi ed evidenti, altre volutamente meno appariscenti, ma che sono sicuro porteranno i loro frutti sul medio-lungo periodo. Ma assicuro che, dal punto di vista della crescita tecnica e umana, anche noi dirigenti abbiamo fatto un bel passo in avanti in pochi mesi grazie a tutte le occasioni di formazione che il Presidente, il Comitato Nazionale e il Settore Tecnico arbitrale ci hanno offerto.

 

Marco Marinelli

(fonte: aia-figc.it)